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Essere custodi uno dell’altro: che incanto!

Capita spesso che a noi famiglie e ai padri gesuiti della comunità venga chiesto perché siamo venuti qui a
Villapizzone, ad abitare questa grande casa della piazza.
Potremmo rispondere che l’essere arrivati qui è stata la risposta al desiderio di vivere uno stile di relazione
fatto di incontro e ascolto, dove mettere al centro la fiducia, il rispetto e la benevolenza, in altre parole: il
sogno di provare a vivere insieme come fratelli.
Fin dal 1978, anno in cui è partita l’esperienza, ricostruendo la casa si è cercato di costruire una comunità
che non fosse chiusa in se stessa, ma aperta al territorio, in rete con la parrocchia e le associazioni che
operano con le loro attività.
Non solo, quindi, ridare vita a vecchi muri entro cui tentare una vita fraterna, ma, ciascuno a proprio modo,
intrecciando relazioni di prossimità e di cura, lasciando la porta di casa aperta, accogliendo e lasciandosi
accogliere.
‘Prenderci a cuore’ è un cancello sempre aperto che invita a entrare, è un cartello con la scritta ‘rallentare’
per provare a essere più attenti a chi cammina al nostro fianco. E’ un luogo dove poter sostare e potersi
rigenerare ammirando fiori e piante curati e cresciuti con amore, un posto dove lasciarsi interrogare e
stimolare, un punto di riferimento per tante persone del quartiere, oltre che per le numerose richieste di
accoglienza in famiglia.
Cerchiamo di accoglierci e di sostenerci nel quotidiano, ci impegniamo ad accogliere e curare una relazione
più intima con chi incrocia il nostro cammino.
A volte basta un sorriso o un po’ di tempo dedicato all’ascolto, a volte un caffè bevuto insieme
condividendo una gioia o un dolore.
E’ sufficiente fermarsi un attimo davanti al viso di una mamma che piange e chiedere con semplicità se ha
bisogno di aiuto. Ci è capitato, e così abbiamo fatto la conoscenza di donne eccezionali a cui è bastato un
appiglio per riprendere a vivere, lavorare, sorridere.
E’ proprio nell’incontro amichevole, nel constatare che c’è chi dedica del tempo all’ascolto, che le persone
si aprono e si lasciano accogliere.
Ma deve essere un ascolto rispettoso, non giudicante. Non è un aprirsi a senso unico, deve essere la
condivisione di un pezzo della nostra vita.
Non facciamo nulla di nuovo, anzi.
“Esponendomi all’altro, accogliendolo presso di me, nella mia casa, alla mia tavola, o semplicemente sulla
soglia – e a condizione che io sia vero con me stesso in questa accoglienza – sono sempre in attesa che
l’altro faccia lo stesso. Se per miracolo lo fa, io divento suo ospite
ed egli mi dà ospitalità.” Christoph Theobald
Questa la bellezza della reciprocità della cura, del prenderci a cuore.
Nello stupore che condividendo tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo, riceviamo in dono molto di
più di quello che doniamo, e tutto ciò dà senso alle nostre vite.

Il Cardinal Martini ci aveva detto: “Non raccontate quello che fate, ma quello che avete capito vivendo.”

Vivendo insieme abbiamo capito che qui abbiamo la possibilità di stare nel mondo, nel modo che sentiamo
buono per noi e per le nostre famiglie.
Vivendo insieme abbiamo capito che è il modo in cui guardi le cose e cosa decidi di mettere al centro che è
fondamentale.
Abbiamo capito che occorre cambiare la prospettiva, spostare il baricentro da me stesso all’altro,
semplicemente accettando l’altro per quello che è, e non per come vorrei che fosse.
E’ un percorso di crescita, che ci insegna ad accarezzarci e a sostenerci reciprocamente con uno sguardo
benevolo.
Crediamo che una vita vissuta in modo buono non possa tralasciare la premura verso il prossimo, la
sollecitudine a favorire il benessere dell’altro, l’impegno a far fiorire le sue possibilità.
Questo periodo così critico e surreale che abbiamo tutti vissuto ci ha obbligato a stare in un tempo
indefinito da tanti punti di vista. In un tempo che non ci appartiene e non gestiamo, abbiamo vissuto una
condizione nuova dove abbiamo provato sentimenti di timore e spaesamento.
Abbiamo sperimentato una vita distanziati e con le porte chiuse. Come famiglie della comunità di
Villapizzone abbiamo sentito forte la responsabilità di elaborare questa esperienza e sperimentare nuove
forme di solidarietà e prossimità familiare verso chi è più fragile e più soffre.
“Tenere l’altro nel proprio sguardo è il primo gesto di cura. Perché lo sguardo ha un potere generativo:
ogni volta che qualcuno ci guarda con benevolenza, ci accoglie in lui e ci rimette al mondo.” L. Mortari

Elena Godi Pistocchini – Comunità di Villapizzone, Milano

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